“Serve l’entusiasmo nell’approcciare il coraggio di vivere il fuori, la motivazione, la piacevolezza del fare, e molta moltissima esperienza diretta”
Giovedì 21 settembre 2023, presso il Centro Internazionale Loris Malaguzzi di Reggio Emilia, l’area tecnica socio-educativa di Coopselios ha presentato il libro “Osservare, progettare, educare green“, un testo a cura di Sabrina Bonaccini e Michela Schenetti, Edizioni Junior.
Tra gli interventi proposti, è presente un’intervista a Susetta Sacchi, coordinatrice pedagogica di Tutti Fuori.
Coraggio sembra sempre un termine da eroi, lo si collega ad esperienze forti mentre la radice etimologica è proprio quella da cuore. Quindi chi ha amore trova la forza e il coraggio per affrontare determinate situazioni e mi piaceva partire proprio dal coraggio in questo senso chi sceglie di prendere delle decisioni anche di apertura del cuore non solo della mente.
È importante mettere in evidenza come questo approccio di educazione al coraggio è relegato ad alcune esperienze perché sono rare le scuole che lo attivano in modo costante e nella quotidianità. Di solito il coraggio viene legato ad un’uscita speciale, una passeggiata vissuta dalle educatrici come esperienza straordinaria. Si può anche partire da queste situazioni ma, una volta che le sperimenti e hai un riscontro dei benefici dovrebbe scattare la svolta nella direzione del cambiamento.
Gli obiettivi ministeriali parlano di questo cambiamento nella direzione dell’educazione all’aperto, ma nessuno ti spiega il come raggiungere questi obiettivi, lasciano una larga flessibilità e creatività nel pensare e progettare le didattiche, ricercare il modo di attivare sia nei bambini che negli educatori di provare a lasciare andare la cultura del controllo completo.
Partire dalla semplice curiosità, da quello che incontri fuori dalle sezioni, fuori dai nidi e dalle scuole dell’infanzia, per rilanciare sempre nuovi interrogativi, nuove piste di ricerca, senza sempre avere risposte da dare, ma stando in quella dimensione di interrogazione del mondo. Questo ti costruisce il percorso progettuale. Lavorare con l’imprevisto che non vuole dire improvvisare.
Serve l’entusiasmo nell’approcciare il coraggio di vivere il fuori, la motivazione, la piacevolezza del fare, e molta moltissima esperienza diretta che aiuta anche a capire se un educatore ha una predisposizione personale, se crede in questo approccio educativo o se lui per primo è infastidito dalle tante varianti che possono abitare il quotidiano fuori, se non riesce a tenere sotto controllo l’ansia dell’imprevedibilità.
La teoria di riferimento sul tema dell’educazione all’aperto, i libri, la formazione possono sensibilizzare, ma non saranno mai abbastanza potenti rispetto al valore del provare, del fare esperienza, del “sporcarsi le mani”, del decidere di mettersi in gioco.
Importantissimo è il tempo dell’ascolto, nel quale si va ad approfondire domande come “ti è piaciuto?”, “come ti sei sentito?”, “cosa hai provato?”, “che immagine ti è rimasta impressa di questa esperienza?”, per offrire anche la possibilità di poter rielaborare l’esperienza a livello personale e interrogarsi sul livello del grado di piacevolezza raggiunto da ognuno in riferimento all’esperienza fatta. Questa conoscenza sensoriale va vissuta in modo diretto sia dai bambini, ma molto importante che la vivano anche gli educatori, dai genitori per riuscire poi a mettersi in dialogo con loro attraverso il linguaggio dei bambini, il linguaggio dei sensi fatto di movimento, gioco, fantasia e creatività.
Importantissimo è farsi sostenere dalla rete, per confrontarsi.
Il patto educativo da condividere con i genitori diventa uno strumento senza il quale non si potrebbe mai attuare un progetto così importante come quello di sperimentare e lasciar sperimentare il coraggio. Il patto educativo parla della valutazione del rischio, dell’importanza di valutare anche insieme ai bambini i limiti, le autonomie, si descrivono le esperienze che si vorrebbero approfondire, esperienze fuori, nel parco, nella città, nel bosco,nel paese, sul fiume, con materiali naturali, non certificati, che si possono incontrare nel percorso, ovunque e con qualsiasi cosa sia possibile costruire esperienze di coraggio e di crescita. Per apprendere quante possibilità il bambino ha di affrontare la stessa esperienzasviluppando autonomia, autostima. E per fare questo si deve poter essere attrezzati in modo adeguato, con un equipaggiamento consono che ti perette di muoverti, sporcarti, i cambi sono necessari e l’impegno richiesto ai genitori è tanto.
L’educazione diffusa che si cerca di trasmettere vede come protagonisti anche i genitori nell’affrontare mattinate o intere giornata in prima linea con tutto il gruppo dei bambini e degli educatori per fare insieme esperienze di coraggio di immersione con tutti i sensi nel territorio per imparare ad ascoltare e ascoltarsi ed entrare in una connessione con tutto ciò che ti circonda per imparare a conoscerlo, ad accettarlo per sapersi muovere di conseguenza e a non viverlo solo come pericolo.
“La fretta è una benda sugli occhi”, Lucilla 4 anni. Non si da più il tempo di apprezzare da quanta bellezza siamo immersi. I particolari, i profumi, i suoni, gli elementi che ci circondano, la curiosità che suscitano e che allenano la capacità di porre l’attenzione, riuscire a concentrarsi mossi dal desiderio di conoscere grazie alle cose che emozionano. Si apprende attraverso la vita vera.
La transizione, la coscienza ecologica non esiste se non hai la cura, la pazienza e l’attenzione di cogliere i reali cambiamenti che stanno avvenendo intorno a noi. E per farla nel modo opportuno ci vuole coraggio, nel rifiutarsi di fare le cose standardizzate, stereotipate. Ci vuole il coraggio di tradire quelle che sono le tue certezze, le tue consapevolezze, la tua zona di confort. Uscire dall’idea di scuola alla quale si è abituati, da dove si viene si fa molto fatica per avvicinarsi ad un metodo diverso che non trasmette le competenze attraverso l’approccio conosciuto e consolidato nell’ultimo secolo, ma dove quello che dai ai bambini è un approccio condiviso, sensoriale pari alle competenze cognitive, basato sul “Diritto del buon inizio” di Zavalloni, il diritto a mangiare bene fin dalla nascita, bere acqua pulita e respirare aria pura.
Sosteniamo che i bambini abbiano il diritto di vivere in luoghi immersi di natura, un obbligo ad esserci e proteggere l’ambiente che ci circonda. Il coraggio di dare loro la possibilità di una giusta e dignitosa partenza ma anche insegnare l’inestimabile valore della natura da rispettare. Vogliamo sostenere il diritto ad iniziare bene la propria giornata, il proprio percorso di crescita, la propria vita con il sostegno di chi sta accanto ai bambini fatto di abbracci, ascolto, attenzione. Perché è con questi che possono imparare ad abbracciare, ascoltare e prestare attenzione. Tutto questo per accrescere e sostenere quella consapevolezza di sentire di avere occasioni da condividere con qualcuno di conoscere, progettare e sapere di poter desiderare un futuro. Ed è per questo che abbiamo il dovere di continuare a seminare, di creare memorie positive nei bambini dalle quali, una volta adulti, potranno attingere.
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